Sono esposte le fotografie che Newton ha realizzato durante un breve soggiorno romano nella primavera del 1998.
Un breve soggiorno romano su invito di Peliti Associati, durante il quale Newton ha registrato i suoi veloci appunti di viaggio.
La Roma di Newton è qui: il fotografo che più di altri ha esaltato la forza dell’immagine femminile, fa scivolare lo sguardo sull’alternarsi dei volumi, le strade, le piazze, le scalinate infinite come su un corpo di donna. Le parti del corpo sono i frammenti di marmo bianco sull’Appia Antica, le oscurità profonde delle sculture barocche, il nero delle notti romane.
Nella mostra "72 ore a Roma" c’è la Roma da cartolina, ma c’è anche un senso d’inquietudine. L’atmosfera è quella del Gran Tour. Iniziatico, ma nostalgico, diviso tra il desiderio di una visione nuova e il piacere sottile, intimo di ritornare sui propri passi. Un viaggio tra il giorno e la notte, tra la luce che illumina il candore del marmo, nell’abbandono romantico delle rovine, e l’oscurità che protegge lo sguardo, velandolo di malinconia.
Le cassette abbandonate a campo de’ Fiori, il vecchio zoo di Villa Borghese e più ancora quella Roma notturna e abitata da persone che guardano senza guardare - astanti disinteressati, chi persino addormentato su una panca – rivelano la sensibilità straordinaria e a tutto tondo di un artista spesso troppo identificato con immaginari sofisticati e patinati.
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La Roma di Helmut è un luogo silenzioso, magico forse, forse misterioso, un luogo oscuro, abitato da fantasmi senza voce e da viventi, per Helmut, perplessi, la cui vita è sconosciuta a noi e a se stessi" scrive Ettore Sottsass nella postfazione del volume, edito da Peliti Associati, che accompagna la mostra.
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72 ore e la maggior parte di questo tempo la mia macchina fotografica è stata puntata verso la notte romana e quando ho fotografato di giorno ho cercato di trasformare il giorno in notte. Le mie stampe erano cariche di neri e il filtro rosso non ha mai lasciato il mio obiettivo. Mi piace lavorare veloce assorbendo immagine dopo immagine. Negli anni ’60 e ’70 ho fatto molti viaggi a Roma: ero giovane allora. Avevo bisogno di poco sonno. Lavoravo giorno e notte fotografando le collezioni di Alta Moda per Vogue Italia, Uomo Vogue e Linea Italiana. Era un periodo eccitante per un fotografo di moda ed io ero sotto l’influenza dei grandi maestri italiani, Antonioni e Fellini; da Antonioni ho preso le strade e gli edifici dei sobborghi romani, la luce, la fantastica qualità del bianco e nero da Fellini i paparazzi, le semplici spiagge di Ostia, la bruciante luce dei flash nel mezzo della notte.
Stavo al Caffè Greco con il re dei paparazzi che mi mostrava la sua macchina fotografica spia costruita in un pacchetto di sigarette che appoggiò sul banco dove bevemmo i nostri caffè e da dove lui rubò un’istantanea di un politico coinvolto in qualche grosso scandalo del giorno. Ero ipnotizzato dal romanticismo di Roma e dall’esserne parte. La città aveva l’abitudine di essere piena di fotografi e di modelle arrivati da tutto il mondo, ci conoscevamo tutti e quando non lavoravamo stavamo fuori fino a tardi a cena in Via Veneto, e più tardi ancora andavamo al “Number One” e al mattino ricominciavamo tutto di nuovo da capo. Ricordo che nell’estate del ’71 il mio assistente mi disse, mentre stavamo facendo i bagagli per tornare a Parigi: “Helmut, sai quanto abbiamo dormito questa settimana? 26 ore!"
(dal testo introduttivo di Helmut Newton al volume 72 ore a Roma)
Testo tratto dal comunicato stampa ufficiale.
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