INFORMATIVA PRIVACY
Questo sito utilizza cookie di terze parti per inviarti pubblicita' in linea con le tue preferenze.
Se vuoi saperne di piu' o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, clicca qui.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.
11 Gennaio 2007 - 25 Marzo 2007
Museo Nazionale Alinari della Fotografia piazza Santa Maria Novella, 14a - Firenze orario: 9:30-19:30 tutti i giorni, 9:30-23:30 il sabato, chiuso il mercoledì info: 055 23951 - www.alinarifondazione.it ingresso: 9€ (intero), 7,50€ (ridotto)
La Galleria Carla Sozzani e il Museo di Storia della Fotografia Fratelli Alinari presentano la mostra Walker Evans, nata da un progetto dalla Martson Hill Edition e dedicata ad uno dei più rilevanti e raffinati fotogiornalisti della prima metà del Novecento.
Nato a St. Louis, Missouri, da una famiglia benestante, dopo aver studiato in alcune scuole esclusive come il Williams College, nel Massachusetts, lavorò per un breve periodo alla Public Library di New York e, nel 1926, partì per Parigi dove frequentò per un anno alcuni corsi alla Sorbona e rimase molto impressionato dal lavoro fotografico di Nadar e, sicuramente in misura ancora maggiore, da quello di Atget.
Rientrato negli Stati Uniti decise di diventare fotografo e, sul piano interiore, iniziò a misurarsi con quelle che all'epoca erano le due figure di massimo successo: Alfred Stieglitz e Edward Steichen. Non amava il lavoro di nessuno dei due: quello di Stieglitz perché lo considerava troppo concentrato sull'aspetto artistico, e quello di Steichen perché lo giudicava decisamente troppo commerciale. Evans rifiutò questi due grandi modelli e, per intendersi, all'interno dei 50 numeri di Camera Work, la rivista pubblicata da Stieglitz, trovò una sola immagine che riuscisse a commuoverlo profondamente: quella della mendicante cieca di Paul Strand!
Entrato a far parte dello staff della FSA nel 1935, contemporaneamente a Dorothea Lange, sin dall'inizio del suo lavoro lo troviamo a giro per gli stati del sud e del centro sud con la sua inseparabile macchina di grande formato (una Folding 20 x 25), sempre intento a raccogliere, con una onestà senza compromessi, con una visione netta, austera e semplice, documenti diretti e spesso frontali sulle condizioni del paese, sulla situazione degli affittuari, sulle loro case, sui loro beni, sui sistemi di lavoro, sui raccolti, le scuole, i magazzini. Spesso egli tralascia di cogliere gli abitanti di questi edifici, ma chi guarda le sue foto riesce facilmente a indovinare la loro presenza e il loro aspetto.
Oggetto di questa indagine è non tanto il paesaggio che circonda le città (non le grandi, ma le piccole, quelle di provincia), quanto le città stesse ed il loro rapporto con l'ambiente circostante. Evans predilige l'ambiente industriale rispetto a quello agricolo ed il suo occhio "puritano" (come ebbe a definirlo Lincoln Kirsten nel suo saggio introduttivo alla bella mostra che il MOMA di New York gli dedicò nel 1938), indugia a lungo sulla linea di confine tra campagne inurbate e periferie che rosicchiano inesorabilmente la natura.
L'altro soggetto che Evans affronta con attenzione e disponibilità sono le architetture, ed è proprio attraverso la lettura di queste ultime che egli riesce a rivelarci con sorprendente chiarezza il percorso peculiare della vita e della cultura americana. Prese singolarmente le immagini di Evans trasmettono il senso inconfondibile dei singoli luoghi; nel loro insieme evocano in modo corale il senso di questo grande Paese.
Uomo di carattere, introverso, ironico, scettico e aristocratico, non ebbe quasi mai un buon rapporto con Stryker che, al contrario, era estroverso, chiassoso e ottimista nella convinzione che la FSA fosse un efficace strumento collettivo per risolvere i mali dell'America. Evans dal canto suo era profondamente convinto che l'artista crea il suo lavoro migliore da solo e che comunque il suo ruolo fondamentale resta quello di descrivere la vita e non quello di cercare di modificare il mondo.
Evans era certo che fosse stato il suo lavoro e quello dell'amico Ben Shahn ad influenzare in maniera determinante il senso e lo stile dell'intero progetto e, molti anni più tardi, ad esperienza ormai conclusa, fu lo stesso Stryker ad ammettere quanto fosse stata importante l'influenza di Evans nella sua comprensione delle infinite potenzialità del mezzo fotografico.
Questa difficoltà di rapporti spiega più di tante parole i motivi per i quali Walker Evans fu uno dei primi collaboratori ad essere licenziato nel momento in cui il budget dell'agenzia governativa fu ridotto. Dal 1943 al 1965 lavorò come giornalista e fotografo, per un paio di anni presso la rivista Time, passando sucessivamente nella redazione di Fortune. Nel 1965 si ritirò dalla fotografia professionale per dedicarsi all'insegnamento di Arti Grafiche presso la Yale University di New York. Il periodo più fecondo dell'attività di Evans resta quello che ruota attorno agli anni della FSA e la maggior parte delle immagini pubblicate in due dei suoi lavori più famosi American Photographs e Let us Now Praise Famous Men sono state scattate proprio in questi anni.
Il suo lavoro ha lasciato una traccia profonda in molti importanti fotografi che l'hanno seguito, come Robert Frank e Henry Callahan - per citare solo due fra i tanti possibili nomi - che poi a loro volta hanno influenzato i loro numerosi discendenti fotografici: in questo senso non sembra eccessivo definire Walker Evans un vero, grande "maestro".
Testo tratto dal comunicato stampa ufficiale.
ha visitato la mostra
Se vuoi aggiungere un commento riempi il modulo qui sotto:
I campi contrassegnati con l'asterisco sono obbligatori.
Leggi con attenzione i termini di servizio.