Vero genio della moderna fotografia di ritratto, l’olandese
Erwin Olaf mischia in modo unico il reportage giornalistico con la foto realizzata in studio e il ritratto posato. Le sue immagini, sempre perfette, sono il frutto di una creazione unica, di una intelligenza viva, in grado di progettare e realizzare per ogni fotografia, così come per ogni fotogramma di un film, una storia elaborata e avvincente.
La scena preferita da Erwin Olaf è la dimensione privata: l’interno delle case, i colloqui quasi silenziosi, gli sguardi e le atmosfere, spesso ispirate ai film anni Cinquanta, in cui fa muovere i protagonisti delle sue creazioni.
In questi ultimi anni, Erwin Olaf è diventato inoltre uno dei più ambiti e richiesti autori di film commerciali e pubblicità: innumerevoli sono le campagne pubblicitarie per grandi marchi.
La mostra a Forma è la sua prima, grande, personale in Italia e presenta sei tra le ultime e più significative serie realizzate: Rain, Hope, Grief, Fall, Dawn e Dusk e Hotel.
I soggetti di Hope (2005) e Rain (2004) rimandano direttamente agli stereotipi americani che la tradizione cinematografica ci ha trasmesso. In una scenografia quasi da Technicolor, i boy-scout, le ragazze pon pon o le casalinghe vivono una dimensione di vicinanza e assenza con gli oggetti contigui alla loro esistenza e lasciano l’osservatore in bilico tra esistenze vissute o solo sognate.
Anche le immagini di Grief, del 2007, sembrano sollevare una serie di questioni: le persone piangono oppure fissano in modo enigmatico fuori dalla finestra, come in attesa di qualcosa che debba venire a cambiare la propria vita.
Gli occhi semiaperti, i modelli della serie Fall evocano una dimensione ancora più straniata. Sono colti mentre i loro occhi si abbassano e non guardano in macchina, come se le immagini fossero i momenti “sbagliati” di una sessione di posa. Questo momento non voluto - quasi un lapsus della visione – crea un’assenza conturbante e Fall sembra così essere la naturale conseguenza delle serie precedenti: una quantità di mute domande che, si affollano alla mente dello spettatore.
Dusk e Dawn, invece, sono frutto di un processo diverso. La genesi delle serie è nata dopo che l’artista, negli Stati Uniti, ha potuto ammirare un album di fotografie di studenti afroamericani dei primi del Novecento, "The Hamptons Album", realizzato dalla fotografa Frances B. Johnston. Affascinato da queste immagini, Olaf ha voluto ricostruire quelle atmosfere, giocando sui temi del nero tipografico e fotografico.
Dawn è una logica risposta a Dusk. Questo lavoro a colori, si basa su un altro viaggio di Olaf, questa volta in Russia e situa i personaggi, dalla pelle chiara e quasi evanescente, in stanze luminosissime e vuote, immerse quasi in una ”notte bianca” polare. Le serie saranno accompagnate dai film corrispondenti.
La mostra è completata dalle ultime immagini cerate da Erwin Olaf: quelle splendide della serie Hotel.
Quando lavoravo a RAIN, HOPE e GRIEF, non ero perfettamente sicuro di cosa volessi dire. Ora sto crescendo. Ho più dubbi e non so dove il mio lavoro mi porterà. Sento di stare esplorando. Quando realizzavo la serie DUSK ancora non conoscevo le risposte. Ora che ho terminato DAWN, capisco finalmente cosa volevo dire. Non penso di poterlo esprimere a parole, ma credo di saperlo. La cosa migliore, è quando alla fine di tutto rimane un punto interrogativo.
Erwin Olaf
La mostra è organizzata in collaborazione con la Mondrian Foundation e il Consolato Olandese in Italia.
Testo e immagini tratti dal comunicato stampa ufficiale.
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