Accumulare oggetti significa raccogliere Storie?
Questa è la domanda che ci pone la prima mostra personale italiana di Masashi Echigo (Toyama, Giappone, 1982) a cura di Emilia Giorgi, che la galleria e x t r a s p a z i o inaugura il 27 settembre 2010 alle ore 19.
Un tema centrale nella ricerca dell’artista, quello della collezione di oggetti desueti o abbandonati, che ritorna anche nell’installazione presentata dal 25 settembre sulla facciata principale della Galleria Nazionale d’Arte Moderna.
Un filo le collega, come tiene strette l’una all’altra tutte le opere che Masashi Echigo ha realizzato in molte città europee, dopo che, conseguita la laurea in architettura nel 2007, ha lasciato il Giappone.
Scorrendo il profilo biografico dell’artista, spicca un’attitudine fortemente nomadica che lo ha visto vivere per periodi più o meno lunghi in diverse località per borse di studio (presso l’University of Arts di Londra o l’Hisk di Ghent, in Belgio, dove è attualmente candidate laureate) o residenze d’artista.
Ogni esperienza approfondita o frugale offre l’occasione ad Echigo di tessere l’ennesima trama di un percorso complesso ed enigmatico, alla ricerca del potere evocativo degli oggetti.
Ogni oggetto, raccolto e manipolato per dar vita a nuove immagini, sembra poter raccontare la storia della persona o del luogo a cui è appartenuto.
Ogni oggetto richiama il viaggio intrapreso dall’artista, contribuendo alla costruzione di un’invisibile mappa del rapporto tra lui e la città ospitante, con la sua storia, i suoi abitanti e le sue culture.
Alcuni fogli con appunti o scontrini, trovati in strada e accartocciati, sono chiusi in sfere di vetro soffiate da un artigiano locale; una vecchia scala in legno ospita gradini di marmo, uno a terra è frantumato; le scocche di motorini prese da un deposito di rottami si incatenano l’una all’altra; gli scatti di cose abbandonate nella città si illuminano sulle pareti della galleria, invitando il visitatore a scrutare e curiosare. Ciascuna opera è il sintomo delle passeggiate di Echigo nei territori urbani, del suo modo di avvicinarsi alle persone, ma soprattutto del viaggio di pura esplorazione nell’interiorità nascosta dell’artista.
L’archivio dinamico di oggetti raccolti, di momenti condivisi, non è forse una sorta di iniziazione per tappe al mondo che lo circonda? I fogli scarabocchiati appartenuti a persone mai incontrate, il gradino in pezzi che sconvolge la perfezione artigiana della lavorazione del marmo, sono i momenti di un percorso simbolico che non è altro che l’unica possibilità per guardare, quasi con voyeurismo, un ambiente totalmente estraneo che l’artista fatica ad avvicinare.
Le opere, in equilibrio costante tra arte e architettura, tracciano una cronaca di tensioni, contraddizioni e sinergie tra materiale e immateriale, tra visibile e invisibile, tra letterale e ciò che è solo suggerito. Una serie di elementi appartenenti a un mondo sull’orlo del precipizio, dall’apparenza perfetta, dove un nulla può far scoppiare isteria e violenza.
La città di Roma, attraverso le sue ambiguità non risolte, entra così nelle sale della galleria e x t r a s p a z i o, passando per gli occhi distaccati di Echigo, per coinvolgere l’immaginazione di chi guarda.
L’installazione
Immanence invece, pensata per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e curata da Angelandreina Rorro, gioca a rovescio. Qui le viscere dell’istituzione, i suoi aspetti più nascosti, vengono presentati alla città dalla maestosa scalinata d’accesso. Echigo ha deciso per quest’opera di rovistare nei magazzini del museo e concedere allo sguardo dei passanti gli oggetti simbolo dell’attività dietro le quinte della Galleria, dai mobili per gli archivi ai cassetti, dagli schedari alle targhette informative. Cose solitamente invisibili al pubblico lasciano trapelare i lati più intimi dell’istituzione.
Stories e Immanence non sono altro che le nuove scene di un film liminale, alle prese con la pesantezza dei luoghi, con i loro passati nobili o sconvenienti, raccontato da un giovane artista che - forse traendo piacere dai sottili disagi di uno choc culturale perpetuo - ha scelto le vesti del flâneur contemporaneo, apparentemente non coinvolto ma perspicace.
Masashi Echigo è nato a Toyama, Giappone nel 1982; vive e lavora attualmente a Ghent.
Tra le sue mostre personali ricordiamo: nel 2010 The absence, Lokaal 01, Antwerp, Belgio; nel 2009 Masashi Echigo, De Overslag, Eindhoven, Olanda; Appearance, Factory Kunsthalle Krems, Austria; Encounter, Kusthuise SYB, Beeterzwaag, Olanda; nel 2008 Lost Space, Cacaofabriek, Helmond, Olanda. Il suo lavoro è stato esposto nelle seguenti mostre collettive: nel 2010 Otherwise, NAKED STATE gallery, Bruxelles; The Fifth Element, Gdansk, Polonia; Terminal Beauty, NAKED STATE gallery, Bruxelles; Watou kunst en Poezie Zomer: Past in Present, Watou, Belgio; BAT 10: Beeldenroute Anti-tankgracht, Antwerp, Belgio; Guest ROOM #10, Museum Het Domein Sittard, Olanda; The Morning News, BE- PART Platform voor actuele kunst, Waregem, Belgio; One little Indian, And Then There Were None, La Generale en Manufacture.6, Parigi; nel 2009 Onder Spanning, Zwevegem, Belgio; Watou kunst en Poezie Zomer: Polyphonie, Grenslandhal, Watou, Belgio; nel 2008 Light Project, Foundation B.a.d, Rotterdam.
Testo e immagini tratti dal comunicato stampa ufficiale.
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