Un altro tour fotografico alla ricerca dei luoghi più sperduti e belli della Sardegna. Ecco una serie di scatti dal promontorio di Capo Caccia, nei pressi di Alghero e della grotta di Nettuno.
Stavolta ho voluto impostare diversamente il reportage, con una descrizione di materiale accuratamente raccolto sul web. Potrete trovare tutte le informazioni che vi servono corredate dalle mie fotografie.
All'interno della massa calcarea del
Capo Caccia, sul versante più battuto e sconvolto dalla violenza del mare, si trova una vera perla della natura, una di quelle meraviglie geologiche che stupiscono, affascinano e lasciano un ricordo indelebile a chi abbia avuto l'opportunità di visitarla.
E' questa la
Grotta di Nettuno, che ad Alghero richiama ogni anno più di 150 mila visitatori di varie nazionalità, attratti da uno scenario di incomparabile bellezza creato da eccezionali concrezioni e dalla trasparenza del suo lago interno, oltre che dalla risonanza storica. E' una grande grotta che ha uno sviluppo totale di 2.500 metri, con numerose sale, ampie gallerie, limpidi laghetti, profondi pozzi, angusti cunicoli che la rendono molto complessa.
Nel suo interno riunisce una serie di peculiarità naturalistiche senza eguali che la rendono una delle più interessanti e pregevoli dell'intero bacino del Mediterraneo.
Geologicamente il promontorio di Capo Caccia appare costituito da rocce del periodo Cretaceo, la cui età è compresa tra 135 e 65 milioni d'anni.
1/320 sec, 13F, ISO-100, 90mm
il promontorio di Capo Caccia da Porto Conte
1/100 sec, 5.6F, ISO-100, 28mm
il territorio è costellato di grotte, molte inesplorate |
1/200 sec, 10F, ISO-100, 75mm
gli scalini che scendono alla grotta
Per raggiungere la grotta che si trova al livello del mare, si deve scendere per un percorso suggestivo scavato nella roccia a strapiombio sul mare, lungo più di 700 scalini. Il panorama è bellissimo perché si possono ammirare le pareti bianchissime delle falesie e l'isola della Foraddada, cosiddetta perché "forata" da numerose grotte e caverne al suo interno.
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LA GROTTA
La parte rustica interessa il grande salone iniziale della grotta che è attrezzato con sentieri e scalinate per le visite. Il tragitto si snoda lungo la sponda di un bellissimo lago salato dalle acque straordinariamente limpide e poi in ambienti superiori riccamente ornati di concrezioni, con un percorso totale di 200 metri. Turisticamente la grotta è gestita dall'Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Alghero, che dispone di un servizio di guide per le visite.
L'ampio ingresso della grotta, davanti al quale attraccano le barche con i passeggeri, immette in un vestibolo che accoglie i visitatori in sosta prima di dirigersi verso l'interno. Il primo contatto visivo è con il
Lago Lamarmora, formato dall'acqua del mare, che occupa gran parte del grande salone iniziale. Lo sguardo può spaziare sulle sponde del lago e sul primo tratto di grotta, le cui pareti, parzialmente illuminate dall'esterno, appaiono colorate di un singolare verde-azzurro originato da incrostazioni vegetali.
L'attenzione di chi si appresta a visitare la grotta è subito attratta da una curiosa e monumentale stalagmite,
l'Acquasantiera, alta un paio di metri, che si erge al centro del vestibolo verso la sponda del lago, descritta e decantata da molti poeti, scrittori e geografi che numerosi hanno potuto osservarla nel secolo scorso.
Investita da un eterno stillicidio, questa stalagmite presenta sulla sua sommità alcune piccole vaschette in cui si raccoglie poca e preziosa acqua dolce, probabilmente l'unica esistente nella zona, cui vanno a dissetarsi gli uccelli che nidificano negli anfratti delle falesie di Capo Caccia.
Il percorso turistico ha inizio con una scalinata che si diparte sulla sinistra del vestibolo iniziale, tramite la quale il visitatore lascia la luce del sole e si dirige verso l'interno, dove le tenebre hanno celato per millenni bellezze incomparabili. Dopo una breve discesa, la prima tappa è rappresentata dalla
Sala delle Rovine, ornata di grandi stalattiti, da dove è ancora visibile una debole luce proveniente dall'esterno che dà alle pareti una leggera colorazione azzurrognola.
Superata la Sala delle Rovine, si prosegue in discesa sino al Lago Lamarmora, che in quel punto appare poco profondo, e si costeggia la sua sponda sinistra.
E' proprio la presenza delle acque limpidissime ad attribuire con la loro superficie statica un particolare fascino a questo ambiente, rendendo magica l'atmosfera. Nelle giornate di mare mosso si può godere maggiormente questo contrasto tra la burrasca esterna e la calma del lago interno.
Si raggiunge così
la Reggia, dove la Natura ha creato lo scenario più vistoso della grotta, davanti al quale qualsiasi visitatore proverà una grande emozione.
1/5 sec, 3.5F, -0.3ev, ISO-1600, 35mm
lo specchio d'acqua dentro la grotta (notate il riflesso)
Al centro del lago, sulla destra, si possono osservare degli grandi colonne calcitiche che si specchiano sulle limpide e placide acque e che si innalzano per 9 metri sino al soffitto, quasi come a sorreggerlo.
Subito dopo la volta è solcata da una grande frattura e si eleva fino a 18 metri di altezza, in quello che è il punto più alto di tutta la parte turistica.
La grande parete del fondo completa lo scenario con grandi colate a canne d'organo, festoni calcitici e una caratteristica formazione stalagmitica chiamata
l'Albero di Natale che risalta nella parte più lontana dello scenario. Proprio qui termina il Lago Lamarmora con una spiaggetta sabbiosa visibile sotto il sentiero, caratteristica per il suo colore chiaro, che appare più o meno evidente a seconda del livello di marea.
Essa veniva anticamente chiamata
Spiaggia dei Ciottolini, perché formata interamente di sassolini, di cui però, forse a causa dell'erosione operata dal mare, oggi non rimane più traccia.
E' in questa spiaggetta che in passato, dopo aver attraversato tutto il lago, approdavano le piccole imbarcazioni, scaricando i passeggeri sotto le luci tremule che rischiaravano l'ambiente. Ed è qui che gli stessi visitatori attendevano poi il proprio turno per essere traghettati e riportati a vedere la luce del sole.
Il magico silenzio della Reggia è appena turbato dal debole sciacquio del lago, mentre, guardando in direzione dell'uscita, sullo sfondo si riesce ancora a intravedere la curiosa luce azzurrognola che proviene dall'ingresso creando un singolare effetto cromatico. Dalla Reggia si procede in salita lungo una scalinata e i visitatori proseguono in avanti, allontanandosi dal lago e portandosi ad un livello superiore da cui è possibile volgersi indietro per uno sguardo panoramico sulle parti già viste.
La tappa successiva è la
Sala Smith, dal nome di un capitano inglese che agli inizi dell'800 fu tra i primi esploratori della grotta, che non deve essere considerata come una sala a sè stante, ma come la prosecuzione del grande salone visto in precedenza.
Al centro di questa sala si erge maestoso il cosiddetto
Grande Organo, un'enorme e imponente colonna con colate simili alle canne di un organo che, con una larghezza di 12 x 4 e un'altezza di 11 metri, è la più grande dell'intera Grotta di Nettuno.
L'osservatore, rapito dalla grandiosità di questa concrezione, resta attonito al solo pensare a quanti millenni siano trascorsi da quando la prima goccia d'acqua iniziò, nella notte dei tempi, la lunga opera di creazione che ha portato alla sua configurazione attuale.
Subito dopo si raggiunge
la Cupola, costituita da una singolare formazione stalagmitica dalle pareti perfettamente lisce, raccordata al soffitto con una sovrastante colonna che stuzzica la fantasia del visitatore perché ricorda proprio la cupola di una cattedrale.
Nelle vicinanze il pavimento si presenta concrezionato da grandi vasche stalagmitiche oggi asciutte, ma che anticamente erano ricolme d'acqua e dovevano costituire uno spettacolo eccezionale di gorgoglianti cascatelle che discendevano verso il Lago Lamarmora. Tutto intorno è ornato di altre colonne e stalagmiti.
Davanti alla Cupola si dipartono sulla destra le vie che danno l'accesso alle parti più interne della grotta, non attrezzate turisticamente e quindi non accessibili ai visitatori.
1/20 sec, 3.5F, -0.3ev, ISO-1600, 28mm
Proseguendo, il sentiero descrive una curva verso sinistra e procede in lieve salita, lungo la parete opposta della Sala Smith. In questo tratto il soffitto diviene più basso ed è possibile ammirare da vicino una infinità di stalattiti. Numerose piccole colonnine adornano l'ambiente, chiamato
Sala delle Trine e dei Merletti, creando numerose nicchie e arcate naturali. Da qui è possibile spaziare con lo sguardo e il visitatore può ammirare il Grande Organo da una diversa angolazione, con una visuale più ampia.
Pone termine alla visita la cosiddetta
Tribuna della Musica, una balconata che consente di affacciarsi sulla zona della Reggia e del Lago Lamarmora che ora è possibile dominare dall'alto.
Il nome deriva da una piccola orchestra che veniva qui sistemata in occasioni di particolare importanza e che consentiva ai visitatori di organizzare delle danze nella sottostante spiaggetta. E il risultato sonoro, in uno scenario così particolare, doveva essere straordinario.
Dalla posizione elevata della Tribuna della Musica si può godere una magnifica vista panoramica sul lago e su gran parte della grotta, che conclude in modo incantevole il percorso turistico.
I visitatori ripercorrono quindi tutto il sentiero e riguadagnano l'uscita della grotta, da dove chi è arrivato via mare può prendere posto sulla barca e chi è arrivato via terra può risalire
la Escala del Cabirol.
il lago Lamarmora
Il lago Lamarmora occupa tutta la parte iniziale della grotta e con la sua lunghezza di 100 metri viene considerato uno dei più grandi laghi salati d'Europa.
Formato dal mare, che tramite un sifone esistente sotto l'ingresso, ha acque trasparentissime sulle quali si riflettono le numerose concrezioni calcaree che adornano le pareti ed il soffitto.
Quando la scogliera viene investita da forti mareggiate, l'acqua del mare penetra con violenza all'interno della grotta, spazzando tutto l'atrio d'ingresso con gigantesche ondate accompagnate da tremendi boati.
Peccato che in queste condizioni non sia possibile accedere alla grotta nè sostare nel suo interno, perché si potrebbe godere di uno spettacolo della natura veramente unico.
1/6 sec, 3.5F, ISO-1600, 28mm
il lago Lamarmora
Il collegamento col mare fa sì che le acque non siano completamente immobili, ma risentono dei movimenti esterni e quindi si mantengono in continuo debole ondeggiamento.
Il Lago Lamarmora è interamente navigabile con una piccola barchetta a fondo piatto o con un canotto sino alla spiaggetta terminale. Ed è seguendo questo percorso sull'acqua che in passato venivano effettuate le visite.
La parte iniziale del lago è quella più profonda, raggiungendo gli 8-9 metri nel punto da cui si diparte il sifone di collegamento col mare. Dopo 50 metri un isolotto crea un restringimento oltre il quale il lago si amplia, con una larghezza massima di 25 metri, mentre l'acqua diventa molto bassa tanto da poterci camminare.
Superati numerosi scogli con formazioni stalagmitiche, si arriva al colonnato della Reggia, che visto dall'interno del lago, con tutti i riflessi che si creano sulla sua superficie, appare ancora più spettacolare. Si approda infine alla spiaggetta terminale, ponendo fine alla traversata.
Si potrebbe pensare che nelle acque buie del lago non possa esistere alcuna forma di vita, mentre in realtà vi si trova un certo tipo di fauna, che si è adattato alle condizioni ambientali qui esistenti e che non sembra risentire della presenza dei visitatori.
E' quindi possibile osservare con facilità gamberi, stelle di mare, ricci, oloturie e qualche grongo, nonché diversi molluschi gasteropodi. Ed è in queste stesse acque trasparenti che in passato guizzava la Foca Monaca, oggi purtroppo scomparsa e rifugiatasi in altre località più tranquille del Mediterraneo.
Quando il mare era più alto
Il visitatore che giunge alla Reggia può fermarsi ad esaminare una curiosa linea nera perfettamente orizzontale, che appare sulla parete opposta del Lago Lamarmora, a circa 4 metri di altezza.
Durante le varie fasi glaciali e interglaciali che hanno interessato la terra in epoche passate, il livello del mare ha subito notevoli oscillazioni, ritirandosi in periodo più freddo e risollevandosi in periodo più caldo in seguito allo scioglimento dei ghiacci. Circa 125 mila anni fa, esattamente durante un intervallo climatico denominato Eutirreniano, il livello del mare si è stabilizzato per un certo periodo alla quota di +4m rispetto a quella attuale.
E la prova reale di questo innalzamento del mare è proprio la linea nera che, a distanza di molti millenni, noi possiamo osservare sulle pareti della Reggia.
Mentre sulle scogliere esterne di Capo Caccia le tracce di tale livello sono quasi del tutto scomparse in seguito all'erosione operata dagli agenti atmosferici, la Grotta di Nettuno è riuscita invece a custodire gelosamente nel suo interno questa eccezionale testimonianza.
L'importanza della grotta viene così accresciuta perché può fornire allo studioso dei dati e dei documenti che lo aiutano a ricostruire le variazioni climatiche che hanno interessato le nostre zone in un remoto passato le nostre zone.
Se il visitatore più attento si guarda intorno, potrà osservare che la linea nera di cui stiamo parlando interessa tutte le pareti che circondano il lago ed è visibile anche sulle colonne, le colate, le stalattiti più grosse, a testimonianza che tali concrezioni erano già formate a quei tempi.
E un brivido scuoterà coloro che con la mente torneranno indietro nel tempo per scoprire che quando i più grandi monumenti dell'antichità, dalle Piramidi d' Egitto ai Nuraghi, dalle mura di Babilonia al Colosseo ancora non esistevano, il possente colonnato e le grandi colate della Reggia erano lì in tutto il loro splendore così come oggi li vediamo.
L'opera dell'uomo, nelle migliori manifestazioni della sua arte, non può reggere il confronto con i capolavori della natura conservati intatti da epoche remote.
La stessa linea nera, che è visibile anche in altre parti interne della grotta, ci fa intuire che a quel tempo il lago era molto più ampio di quanto non lo sia oggi e sommergeva quindi gran parte del salone iniziale.
1/8 sec, 3.5F, ISO-1600, 28mm
Le concrezioni
La bellezza e le migliori suggestioni della Grotta di Nettuno derivano dalle concrezioni, cioè da quelle formazioni calcaree che ornano pareti e soffitti che la natura ha creato con il continuo stillicidio nell'arco dei secoli e dei millenni. Ma qual'è il fenomeno che dà origine a queste concrezioni?
E' l'acqua piovana che, infiltrandosi nelle fenditure della roccia calcarea, pian piano scioglie il carbonato di calcio di cui essa è composta, creando così delle piccole cavità che col tempo si ampliano sempre più, sino a diventare, delle grotte, come oggi noi le possiamo vedere.
Ed è la stessa acqua, ricca di sali precedentemente disciolti, che nel suo lento gocciolio all'interno delle grotte rideposita il carbonato di calcio, dando origine alle concrezioni che possono assumere varie tonalità di colore.
A questo punto la natura si sbizzarrisce creando stalattiti, stalagmiti, colonne, colate, vaschette dalle forme e dalle dimensioni più disparate.
E' la fantasia del visitatore che poi liberamente coglie, nella suggestione del luogo, rassomiglianze con le cose più varie.
Ed ecco allora comparire come d'incanto monumenti, statue, alberi, animali, figure umane che sembrano popolare questo mondo sotterraneo.
La formazione delle concrezioni è un'opera molto lenta, che richiede moltissimo tempo, ma non è quantificabile in modo assoluto perché vi concorrono numerosi fattori.
Per la creazione di una stalattite sono necessari parecchi anni e per una grande colonna o una grossa colata possono essere necessari secoli e anche millenni.
Spezzare una stalattite significa quindi distruggere irreparabilmente il paziente lavoro del tempo.
Ma anche toccare con le mani le concrezioni potrebbe comprometterne o comunque modificarne l'accrescimento.
E' quindi buona norma limitarsi ad ammirare queste bellezze della natura, senza danneggiarle, evitando anche di toccarle.
Eccentriche e cristalli: un piccolo mondo incantato
Esistono nella Grotta di Nettuno degli angoli dove la natura si è divertita a creare delle concrezioni delicatissime di straordinaria bellezza. E' questo un vero e proprio piccolo mondo incantato, dove è possibile ammirare eccentriche e cristalli che rendono la grotta del tutto eccezionale.
Vengono chiamate eccentriche quelle stupende e rare concrezioni formate da sottili fili di calcite che si irradiano in tutte le direzioni, intrecciandosi e rigirandosi fra loro, originando dei delicatissimi grovigli, talvolta esilissimi e trasparenti.
Nell'osservare questi indescrivibili ghirigori c'è da rimanere ammutoliti dallo stupore e la meraviglia diventa ancora maggiore se ci si diverte ad osservare i giochi di luci e ombre creati dalle lampade.
All'interno di piccoli bacini d'acqua sovrasàtura di carbonato di calcio, si ha invece il lento accrescimento di cristalli di calcite che danno origine a formazioni singolari di particolare bellezza. Si passa dai sottili aghi trasparenti a veri e propri agglomerati di macrocristalli con mille sfaccettature, con tonalità di colore che vanno dal bianco al giallo, all'arancio, che riflettono la luce in un magico scintillio.
Un po' di storia
La realizzazione delle opere turistiche con l'apertura della grotta al pubblico e la sua illuminazione sono successive al 1954, anno in cui venne costruita la Escala del Cabirol, consentendo finalmente l'accesso da terra.
Erano infatti almeno 150 anni che le visite alla grotta venivano effettuate esclusivamente in barca, nel solo periodo estivo e spesso con esito incerto a causa delle variabili condizioni del mare.
Le prime notizie storiche riguardanti la Grotta di Nettuno vengono fatte risalire alla fine del 1700 e da allora numerosi autori si occupano della grotta, decantandone le bellezze e paragonandola ad altre famose cavità d'Europa.
E' soprattutto nella prima metà dell'800 che l'accresciuta fama della Grotta di Nettuno richiama celebri visitatori, fra i quali anche principi e re che onorano della loro presenza questa straordinaria cavità. Primo fra tutti si ricorda Carlo Alberto di Savoia, che visita la grotta ben tre volte, prima come Principe di Carignano nel 1829 e poi come Re di Sardegna nel 1841 e nel 1843.
E il visitatore odierno potrà fare un salto indietro nel tempo e rivivere quei momenti di importanza storica, osservando le due lapidi in marmo situate sulle pareti della Reggia presso la spiaggetta terminale del Lago Lamarmora, incise a ricordo delle prime due visite di Carlo Alberto.
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l'isola Foraddada, all'esterno dell'insenatura
Segnaliamo inoltre, tra gli illustri visitatori, il Capitano inglese William Henry Smith che ha realizzato la prima pianta della parte iniziale della grotta, Il Duca di Buckingham, il grande geografo della Sardegna Alberto Lamarmora, il Barone di Maltzan, lo scrittore sassarese Enrico Costa che ha dedicato un intero libro alla grotta.
E poi tanti altri che qui non è possibile riportare e che hanno pubblicato molti scritti di entusiasmo per questa eccezionale cavità. Le visite al cosiddetto Antro di Nettuno nel secolo scorso venivano organizzate nel periodo estivo, con partenza notturna di numerose barche dal porto di Alghero e partecipazione di un gran numero di persone.
Giunti alla grotta, si sbarcava nell'ampio androne d'ingresso e quindi si calava nel lago una piccola barchetta con la quale si procedeva al trasporto dei visitatori.
Questi percorrevano così il Lago Lamarmora in tutta la sua lunghezza, sino alla spiaggetta interna, da cui poi accedevano alla sala superiore, risalendo a piedi la ripida china.
L'illuminazione veniva realizzata a quei tempi con migliaia di candele che venivano sistemate ed accese in precedenza dai marinai. Non è difficile intuire quale magia potesse essere creata da quelle tremule fiammelle che con i giochi di ombre facevano sbizzarrire la fantasia dei visitatori, grazie ai loro riflessi ondeggianti sulle limpide acque del lago.
Come al solito mi auguro che questo reportage vi sia piaciuto, che abbiate apprezzato il lavoro fotografico e spero di leggere i vostri commenti.
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