POST MORTEM
AVVISO: il portfolio contiene immagini crude.
Il Convento dei Cappuccini di Palermo è conosciuto in tutto il mondo per la presenza nei suoi sotterranei di un vasto cimitero, che attira la curiosità di numerosi turisti, e fin dai secoli scorsi tappa obbligata del Grand Tour (visitato anche da Guy de Maupassant). Lo spettacolo macabro degli innumerevoli cadaveri esposti, è spunto di riflessione sulla caducità della vita, sulle vanità terrene, e sull'inutilità dell'attaccamento degli uomini alle loro fattezze esteriori.
Le gallerie furono scavate alla fine del '500 e formano un ampio cimitero di forma rettangolare. Non sono mai state inventariate le salme ivi presenti, ma si è calcolato che debbono raggiungere la cifra di circa 8.000.
Le mummie, in piedi o coricate, vestite di tutto punto, sono divise per sesso e categoria sociale, anche se la maggior parte di esse appartengono ai ceti alti, poiché il processo di imbalsamazione era costoso. Nei vari settori si riconoscono: i prelati; commercianti e borghesi nei loro vestiti "della domenica"; ufficiali dell'esercito in uniforme di gala; giovani donne vergini, decedute prima di potersi maritare, vestite col loro abito da sposa; gruppi famigliari disposti in piedi su alte mensole, delimitate da sottili ringhiere simili a balconate; bambini; ecc.
Numerose salme appartengono comunque a frati dell'ordine dei Cappuccini stessi: il primo ad essere stato inumato all'interno delle catacombe fu infatti frate Silvestro da Gubbio il 16 ottobre del 1599. La sua salma è la prima sulla sinistra subito dopo l'ingresso.
Il metodo di imbalsamazione prevedeva prima di tutto di far "scolare" la salma per circa un anno, dopo averle tolti gli organi interni. Quindi il corpo, più o meno rinsecchito, veniva lavato con aceto, riempito di paglia, e rivestito con i suoi abiti. Altri metodi, utilizzati specialmente in periodi di epidemie, prevedevano un bagno di arsenico o di acqua di calce.
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