6-30 giugno 1944. Sulle spiagge della Normandia si svolge la fase inaugurale dell’operazione Overlord: più di 850.000 soldati alleati sbarcano sul continente, con l’obiettivo di avanzare verso i confini del Terzo Reich e liberare l’Europa nord-occidentale dall’occupazione nazista. Tra gli inviati di guerra che raggiungono la Francia via mare e si uniscono alle truppe nella lunga marcia di avvicinamento a Berlino,
Elisabeth “Lee” Miller (1907 – 1977), affermata fotografa con alle spalle amicizie e collaborazioni col movimento surrealista, oltre che quattro anni di servizi dal fronte interno per “British Vogue”, e
Michelantonio “Tony” Vaccaro (1922), giovane soldato della US Army che, come reporter dell’83a divisione di Fanteria, muove i primi passi della propria attività professionale. Due sguardi differenti, esercitati simultaneamente, sulla medesima e terribile realtà: la guerra totale.
Lee Miller approda sulle coste francesi venti giorni di distanza dal D-Day in qualità di corrispondente dell’esercito americano, presso cui è riuscita a farsi accreditare dopo il netto rifiuto oppostole dagli Alti Comandi del Regno Unito. Nel corso dei nove mesi successivi segue le armate americane e prende parte, contravvenendo spesso ai divieti delle autorità militari, ad alcuni dei più importanti momenti dell’offensiva alleata sul continente: l’assedio di Saint Malo; la liberazione di Parigi, dove rimane alcune settimane alla ricerca degli amici di un tempo: Picasso, Colette, Eluard, Aragon, Cocteau; le campagne del Lussemburgo e d’Alsazia; l’ingresso in Germania e le ultime, sanguinose battaglie sul territorio tedesco; la presa di Monaco, ove ritrae la casa di Hitler in stato di completo abbandono, e l’incendio della sua fortezza alpina a Berchtesgaden; la liberazione di Buchenwald e Dachau. Le sue fotografie di guerra hanno un’attenzione particolare alla “gente comune”: soldati, infermiere, civili, vittime e feriti; e una tecnica straordinaria, alla quale non rinuncia nemmeno nelle difficili condizioni del fronte, producendo una testimonianza unica sugli orrori del conflitto.
Tony Vaccaro, ragazzo di origine italiana nell’esercito degli Stati Uniti, sbarca a Omaha Beach il 6 giugno 1944, con un fucile in una mano e una macchina fotografica nell’altra. Nella veste di fotografo-soldato documenta e partecipa all’avanzata alleata attraverso la Francia, il Lussemburgo, il Belgio e la Germania. Da Zerbst liberata tenta, senza riuscirvi, di raggiungere Berlino per ritrarre l’ingresso delle truppe americane; vi entrerà dopo la resa, raccontando come corrispondente del giornale della US Army “The Stars and the Stripes” i primi mesi del dopoguerra tedesco. Gli 8.000 scatti che – in condizioni estreme e disseminate di continui e pesanti ostacoli – Tony Vaccaro realizza nel corso della mobilitazione raccontano, dall’interno, la difficile vita del fronte: il contatto quotidiano e ravvicinato con la morte; le violenze sulla popolazione; la devastazione del paesaggio e di qualsiasi forma di convivenza civile ma anche la solidarietà tra i soldati e le loro condizioni di vita, con un realismo e una assenza di retorica che rende le immagini del “combattente fotografo” uno tra i documenti più autorevoli delle ferite inferte dal secondo conflitto mondiale al Novecento.
Le immagini di
Lee Miller e di
Tony Vaccaro vengono presentate insieme per la prima volta: un documento prezioso che è anche il lavoro più importante, profondo e personale dei due protagonisti della mostra. L’esperienza di guerra segnerà in modo indelebile le biografie di Miller e Vaccaro: uno spartiacque che divide la loro esistenza, un confine nella ricerca di tracce di umanità che possa allontanarsi dall’odio e dal terrore. Cammino difficile e irto di ostacoli soprattutto per chi ha conosciuto, raccontato e fotografato la guerra nei suoi risvolti peggiori. Un anno attraverso l’Europa occupata e sconvolta dal “nuovo ordine” hitleriano: la Miller fotografa l’orrore dei campi di concentramento, Vaccaro arriva nella Berlino liberata, sospesa tra guerra e dopoguerra. Percorsi individuali che attraversano le fasi della liberazione dell’Europa. La distanza dall’evento – 65 anni dopo il D Day – si accompagna alle sollecitazioni dell’uomo, dei suoi dubbi, delle sue paure. Gli Scatti di guerra aprono piccolo squarci, finestre su un mondo in fiamme che tenta di ritrovare la strada della ragione.
Un uomo e un donna, due punti di vista, due sensibilità due sguardi così diversi rafforzano ognuno il lavoro dell’altro, creano una visione più forte e più completa sulla guerra, offrono una testimonianza del percorso delle due divisioni, del contributo degli eserciti, dell’incontro con le popolazioni liberate anche nelle fasi più drammatiche del conflitto. Un itinerario difficile e straordinario, dall’oppressione alla libertà, dal conflitto alla speranza di rinascita.
Testo e immagini tratti dal comunicato stampa ufficiale.
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