Cinema, reportages, portraits, glamour e molta pubblicità.
Mimmo Cattarinich, romano, da più di 40 anni ha lo studio e la sua agenzia a Roma, che si affaccia su Largo Federico Fellini (Via Veneto).
Uno dei capi storici della fotografia italiana, per quanto noto a seguito dei lavori svolti sui set cinematografici più prestigiosi, egli stesso precisa di non sentirsi uno “specialista”, ma un fotografo tout court. Chi lo conosce sa che l’autocritica totalmente scevra da recriminazioni è una caratteristica del suo essere fotografo, della serietà professionale con cui affronta e risolve gli incarichi che gli vengono offerti. La sua “affidabilità” nella disamina della sua carriera, che con rigore lui stesso conduce, gli ha offerto molteplici occasioni ad altissimo livello e nei più variegati settori della fotografia.
La sua storia di fotografo comincia a metà degli anni Cinquanta negli studi cinematografici De Laurentiis. A diciassette anni interrompe gli studi di ragioneria per seguire da vicino il grande mito del cinema. Inizia a lavorare come assistente di camera oscura e successivamente come assistente “portaborse” di alcuni noti fotografi di scena tra i quali: Di Giovanni, Piatti e Sergio Strizzi che gli consentirono di raccogliere dai set di quegli straordinari “anni cinquanta”, oltre ad una buona esperienza professionale fatta di luci ed ombre, anche l’opportunità di recuperare e conservare alcune immagini di scena contrassegnate da una straordinaria importanza. Successivamente, compie il passo più importante divenendo a sua volta fotografo di scena con diversi registi come: Mario Bava, Blasetti, Bolognini, Dino Risi, Salce, Lizzani, Patroni Griffi, per arrivare poi sui set di Fellini, Leone, Ferreri, Pasolini, Antonioni, Cassavetes, Mazursky, Hudson, Almodovar, Yates, Benigni, Tornatore, Bertolucci ed altri ancora. Per anni alterna le scene dei film al ritratto per riviste nazionali e internazionali, fotografando star del cinema come: Maria Callas, Claudia Cardinale, Sophia Loren, Totò, Vittorio De Sica, Faye Dunaway, Catherine Deneuve, Marcello Mastroianni, Monica Bellucci, Debra Winger, Penelope Cruz, Mickey Rourke, Rod Steiger, Henry Fonda, Brian De Palma, Antonio Banderas, Oliver Stone, John Malkovich, Javier Bardem, Bigas Luna, Ines Sastre, Nicoletta Braschi, Victoria Abril, Alain Delon, alternandoli a personaggi di spicco della politica e dello sport.
Il suo curriculum ci racconta anche di esperienze di regia, di cui non ha ricordi felici a causa di problemi che gli impedirono di realizzare le cose come avrebbe voluto, quindi preferisce ritornare alla fotografia.
Ma gli insegnamenti tratti dalla regia, anche dai Maestri con i quali lavorò nel passato, ancora oggi vengono applicati nelle storie pensate e realizzate per immagini. Il cinema comunque resta per lui il grande amore, gli ha insegnato il senso della coralità, del lavoro di gruppo e l’importanza dell’organizzazione, non avendo mai inteso il lavoro come un progetto da perseguire con metodo scientifico per una personale escalation, bensì come intermediazione tra sé e l’avventura, i viaggi e l’amore per le cose.
Nel corso di questi ultimi anni, Mimmo ha lavorato per il giornalismo, la pubblicità, la moda ed ancora per il cinema, seguendo e realizzando progetti che lo hanno portato ovunque: Roma, Madrid, Milano, Londra, Parigi, Mosca, Stoccolma, Miami, Los Angeles, New York, spesso in Africa, Niger, Mali, Kenya, Seychelles, Isole Canarie, Maldive, Cuba, Venezuela, Brasile ecc. fotografando sempre come free lance per molte riviste internazionali come Interview, Le Figaro, Time, Vanity Fair, Stern, Max, Maxim, Premiere, Amica, Ciak, Playboy, Sette del Corriere della Sera, Il Venerdì di Repubblica, Chi, Gala.
La mostra, a cura di Maurizio Presutti, presenta circa 80 opere, ed è una finestra aperta sul mondo più esteso del set, che investe l’intero periodo della vita professionale del Maestro. Di fronte agli scatti, selezionati e resi materia tangibile per l’osservatore, si dischiude un pianeta emozionale, dai contorni del bianco e nero, dai colori accesi del singolo istante irriproducibile. Movimenti e sguardi, l’intimità che si crea tra l’attore ed il regista, le espressioni dei volti, la luce, la singola inquadratura che coglie e che trasforma in documento eterno davanti al quale si rimane rapiti, richiamati oltre la stampa e dentro di questa quasi si respira l’odore del set, il brusio di fondo, oltre e dentro la scena. Questa qualità emozionale la si coglie, la si mastica quasi, in ogni singolo fotogramma, momenti che solo pochi privilegiati hanno potuto vivere in “diretta” ma che questo evento pretende di regalare al visitatore.
Alcune foto presenti nella mostra sono il risultato di sapienti elaborazioni digitali create dal figlio di Mimmo Cattarinich, Armando. A lui lasciamo la parola per descrivere ciò che questi interventi e questo nuovo “linguaggio dell’immagine” hanno significato.
“Mi piace l’idea di una linea retta che continua all’infinito, quasi fosse un’ideale percorrenza definita. Nascere immersi nella magia delle immagini e crescere con un padre che forse senza volerlo t’indica inconsciamente la strada, fa sì che prima o poi ciò che nella mente si muoveva confuso, improvvisamente diventi lampante, limpido.
Il lavoro di fotografo è difficile, difficile è scegliere dove indirizzare il proprio interesse, circoscrivendo ed approfondendo quel settore che davvero può emozionarti e non annoiarti. Ma prima di comprendere che la fotografia non è solo un modo per mangiare, ci vuole altro tempo. Una maturazione interiore lunga e molto lenta. Solo tre anni fa ho deciso di cimentarmi in questa nuova avventura. Quei ritratti sembravano troppo inermi, abbandonati. La tecnologia, in brevissimo tempo, si è evoluta capovolgendo ogni elementare concetto di realizzazione, di riproduzione. Mio padre ha sempre voluto definirsi un “artigiano” e credo avesse ragione. Ogni istante catturato, era frutto delle sue mani; prima una scintilla, un’idea, poi lo scatto. Persino le stampe in bianco e nero erano opera manuale.
Oggi, inutile sottolinearlo, la foto è virtuale, l’analogico è divenuto pezzo da museo. Anche io non ho potuto che piegarmi a questa realtà così arrogante e dilagante, ben presto si sarebbe finiti fuori gioco attaccandosi romanticamente a ciò che nessuno sembrava più accettare. Detto questo, è stato sì casuale, ma fortemente “logico” cercare di sposare questi due momenti così diversi seppur vicini.
Ho cominciato manipolando un’immagine di Roberto Benigni e poi, via via, la produzione di queste opere è divenuta numerosa, accattivante, divertente, prendendo totalmente il mio interesse. Quel senso di “romantico” in fondo, è rimasto; niente è andato perduto, io e mio padre ci siamo idealmente fusi in queste realizzazioni per metà digitali e virtuali e per metà figlie di una vecchia pellicola che nemmeno il tempo ha saputo cancellare”.
Testo e immagini tratti dal comunicato stampa ufficiale.
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