l'Origine
Brividi ed emozione in uno dei luoghi più mistici e di impatto della Toscana; ore 7:30, mentre il sole di malavoglia comincia ad affievolirsi e la calura insopportabile si mitiga, placando il fuoco, che quasi vuole incendiare le spighe di grano e prosciugare le fonti, le prime brezze di vento caldo accompagnano il mutare del meriggio in tramonto; i toni gialli ed accesi si tingono di rosa e arancio; circa duecento persone si ritrovano, per il dodicesimo anno di fila, ad ammirare la performance, ogni anno diversa, che si compie, nel mezzo delle crete senesi, in una splendida collina che tutto domina, posto ideale per il Maestro che qui compose la sua opera complessa, il Sito Transitorio, il passaggio terreno, verso la gloria immortale d'artista. Jean Paul Philippe ha quasi settant'anni ma l'anima di un ragazzino e il sorriso beato dei bambini: capelli e barba al vento, ampi come la camicia scura, i pantaloni di tela comoda, i sandali del cammino della vita; tutto in lui parla di arte, di creatività, di sete di espressione e di conoscenza del mondo; la cadenza francese, l'amore per il buon vino e la buona tavola, le guance rosse, ce lo rendono subito simpatico, mentre e le mani ruvide da scultore, e i chiari occhi profondissimi, ce lo rendono un maestro affascinante e di grande spessore. Tutto di lui incanta, come incanta le Site Transitorie, su quella collina solitaria, che domina come il faro il mare impetuoso, come la cima del monte inaccessibile. Una porta di marmo, che scandisce le ore del giorno, tramite la luce che passa dalla fessura, ci suggerisce il tema del passaggio; la dimensione diventa subito ultraterrena, intrisa di misticismo; in terra una lastra di marmo scolpita, ci ricorda una tomba, mi dicono per un figlio mai nato.
Ore 8:00 in mezzo al sito transitorio delle transenne coprono qualcosa; due musicisti vestiti di nero prendono posizione accanto a due grandi tamburi; i duecento spettatori prendono posto su panche nella collina adiacente, luci e microfoni sono ben posizionati e quasi invisibili. Poi silenzio assoluto, quasi innaturale e il posta diventa immortale; vibra un vento che piega le spighe in onde dorate, un brivido e un sussulto quando vengono tolte le transenne, e si scopre una tomba di sabbia fine, mentre i tamburi cominciano a rullare piano piano e una musica lontana di clavicembali invade l'aria come lo squarcio del tuono. Dalla tomba di sabbia emerge qualcosa e assistiamo alla prima fase della performance "L'origine" della straordinaria ballerina belga Lisbeth Gruwez, con musica di Dave Schroyen e Maarten Van Cauwenberghe, per la direzione artistica di Alessandra Rey e Jean Paul Philippe. La musica incalza pulsante e dalla tomba assistiamo ad una lenta resurrezione, scandita dai movimenti della ballerina che emerge in spasmi di vita nuova e contrazioni che spostano la sabbia; passano venti minuti prima che la ballerina si erga eretta, e posi il mantello stretto che ne faceva una creatura senza né sesso, né nome, una creatura del mondo dei morti; l'energia della vita ritrovata attraverso il sito transitorio si trasforma in danza frenetica e primordiale, mentre la musica e i tamburi incalzano sempre di più; i muscoli nervosi della ballerina si contraggono, si tendono, si librano, si spezzano e si contorcono in disegni sublimi di inimmaginabile naturalezza ed eleganza, e disegnano forme, salti, figure, danze e magie primordiali; l'uomo e la natura, muscoli e pietre si fondono, e la ballerina diventa l'unica abitante del sito transitorio, dalla quale è stata partorita. L'opera si arricchisce della presenza umana e per tutta la performance, il monumento si trasforma e non può più fare a meno della danza frenetica dell'artista. Le luci si tingono di un arancio accecante, i cuori degli spettatori battono all'unisono, incalzati dai tamburi, gli occhi sgranati, gli sguardi increduli, la pelle d'oca, le mani congiunte, che pregano quella spiritualità nuova, che il sito trasmette col suo misticismo pagano.